Punta Pezzo, versante calabro dello Stretto di Messina: quando la corrente incontra il vento, e l’una e l’altro provengono da opposte direzioni, il mio sguardo è rapito dai fenomeni di ribollimento e sollevamento generati dalle due opposte forze; con la luce del pomeriggio, calda e radente, si osserva un fenomeno da fiaba, intrigante e affascinante al tempo stesso: “creste di draghi” danzanti sulle onde si potrebbero definire le spumeggianti creste d’onda arruffate e modellate dal vento che acchiappa l’acqua sollevata, dandogli forma cangiante e in movimento continuo, al punto da creare una sorta di fiume, una corsia diversa, un mare nel mare, turbolento, chiassoso, splendido.
Molti sono gli spettacoli creati dalle forze della natura in questo braccio di mare dove il Tirreno e lo Jonio entrano in contatto. Si è detto tanto sull’argomento, delle correnti, delle maree, ma sempre poco si parla di sensazioni ed emozioni e troppo spesso ci si sofferma sugli aspetti scientifici, senza trovare traccia di consulenza alcuna per coloro che nello Stretto, poi, volessero immergersi. Mi trovo quindi impegnato nel cercare di far luce su un argomento che mi appassiona da sempre, cercando di assemblare i pezzi di un puzzle che forse, insieme, possono offrire un quadro di un ambiente magico e unico; un luogo dove le sensazioni forti e i timori che le correnti generano, se osservate dall’ambiente emerso, diventano sensazioni straordinarie ed esperienze indimenticabili se vissute sott’acqua (nel bene e nel male), nel regno del Dio Nettuno che dello Stretto un tempo era padrone.
Da un punto di vista morfologico e geografico, lo Stretto di Messina si può rappresentare come un imbuto con la parte più stretta rivolta a nord, in corrispondenza della linea che idealmente unisce Capo Peloro (Sicilia) con, secondo le opinioni, Torre Cavallo o Punta Pacì (Calabria); verso sud, invece, l’imbuto si apre progressivamente fino a un ipotetico nuovo confine, posto idealmente sulla linea che unisce Capo dell’Armi o Punta Pellaro (sempre secondo le opinioni), in Calabria, con Capo Taormina o Capo Sant’Alessio, in Sicilia.
Se consideriamo l’area del canale da un punto di vista idrologico, i confini divengono più ampi di quelli geografici e l’area interessata dall’influenza delle correnti arriva ben oltre, includendo a nord tutto lo specchio di mare tra Capo Milazzo e il Golfo di Gioia Tauro.
Se virtualmente ci spostiamo adesso sott’acqua, per comprendere la morfologia del fondale dello Stretto, il paragone che nel modo più semplice rende l’idea è parlare di una montagna sommersa, la cui vetta è la “sella” posta sulla linea immaginaria Ganzirri – Punta Pezzo, e le cui pareti scoscese i due opposti versanti, Jonico e Tirrenico, che hanno pendenze decisamente differenti. Nel Tirreno, infatti, il fondo degrada lentamente fino a raggiungere i 1.000 metri di profondità, nel mare prossimo a Milazzo, mentre nello Jonio il pendio è molto scosceso e già tra Messina e Reggio Calabria la profondità è di circa 500 metri, oltrepassando ampiamente i 1.200 metri tra Punta Pellaro e Capo Taormina (per raggiungere poi in breve fondali di oltre 2000 metri di profondità – si parla poi di fossa dello Jonio).
I due mari hanno acque con caratteristiche fisico-chimiche differenti, e fondendosi danno vita a un ambiente che, se osservato e studiato da molti e sempre diversi punti di vista, può offrire di tutto. Le correnti nascono quindi dall’incontro di due mari che nulla hanno in comune: quando il Mar Tirreno è in bassa marea, il contiguo Mar Ionio si trova in alta marea, e viceversa; il dislivello che nasce, che può raggiungere globalmente altezze anche di 25 cm, porta l’acqua di un bacino a riversarsi nel bacino adiacente.
Nel dettaglio, con la “scendente” il Tirreno, a minore densità e quindi più leggero, scorre sullo Jonio, le cui acque sono più dense e pesanti, fino a quando l’area centrale dello Stretto è riempita completamente. Viceversa, con la “montante”, lo Jonio affonda le sue acque nel Tirreno. Più avanti torneremo sull’affascinante argomento della “scendente” e della “montante”, spiegandone dettagliatamente il significato. Il dislivello esistente tra i due mari genera, com’è facile intuire, una certa pendenza tra le superfici dei due bacini, che in media si aggira su 1,7 cm per chilometro di distanza. I meccanismi che si innescano quando i due mari si incontrano sono fortemente dinamici, con moti vorticosi tanto orizzontali (da qui i famosi tagli) quanto verticali (garofali e macchie d’olio).
Già la descrizione della geografia di questo particolarissimo ambiente attira e affascina curiosi e studiosi. C’è chi resta stregato dalla magia dello Stretto, quella che tanto ha ispirato la mitologia e gli uomini d’un tempo ormai lontano. Oggi sono ormai pochi coloro che rimangono intrappolati dal paesaggio, dal territorio, dalla natura; regna sovrana l’indifferenza e l’idea più originale che viene in mente all’uomo moderno è quella di unire le due sponde con un ponte.
Tornando allo Stretto, dimenticato dai più ma amato a dismisura da quei pochi personaggi sensibili, che hanno occhi per scrutare e animo per contemplare, cerchiamo ancora un attimo di completare il quadro geomorfologico, alla base delle nostre prossime osservazioni subacquee. Abbiamo parlato di “sella”, che è poi il punto dove il fondale del canale è meno profondo (tra 80 e 120 metri); volendo osservare il fondale intorno alla sella, possiamo riscontrare la presenza di avvallamenti, incisioni e pianori. A nord, con l’aiuto di una carta nautica, osserviamo l’ampia Valle di Scilla, mentre poco più a sud è presente la Valle di Messina; questi avvallamenti, più o meno pronunciati, hanno una sezione a “U”, tanto per intenderci, e si alternano a profonde incisioni e canyon. Il principale di questi canyon è proprio quello di Messina, che nasce dal prolungarsi a sud della valle omonima.
Osservando una cartina geografica ci si rende meglio conto che il canale che separa la Sicilia dalla Calabria, noto oggi come Stretto di Messina ma un tempo detto Fretum Siculum, è il punto di contatto e comunicazione di due grandi bacini mediterranei: il Mar Ionio e il Mar Tirreno. L’incontro dei due mari presso questa strettoia imbutiforme genera il continuo rimescolamento di acque diverse che avviene seguendo ritmi ben precisi, quotidiani, legati alle fasi lunari. Se a ciò si aggiunge che, dal punto di vista batimetrico, i due versanti della caratteristica “sella” di cui accennavo sopra sprofondano gradatamente a sud e a nord con pendenze diverse, si può cercare di comprendere il perché l’acqua si comporti in modo anomalo, muovendosi con forti accelerazioni depistate e alterate dalla morfologia di coste e fondali.
Ma la cosa che più sorprende è il dislivello esistente tra Ionio e Tirreno, che è all’origine del versamento di un mare nell’altro e, quindi, fonte di nascita dei due flussi di corrente, diretti nelle due direzioni, nord/sud e sud/nord.
Il flusso diretto da sud verso nord si chiama “montante” mentre l’opposto, diretto da nord verso sud è detto “scendente”. Per poter nuotare e immergersi nello Stretto di Messina bisogna imparare a conoscere, frequentandole, le correnti; bisogna assecondarle e rispettarle, ma soprattutto è necessario temerle, mai sottovalutarle, neanche quando si ritiene di essere ormai esperti. Entrambi i flussi si manifestano in modo singolare: partendo dalle acque antistanti Capo Peloro, in Sicilia, la corrente va via via estendendosi alle altre aree dello Stretto. Un’occhiata alle cosiddette tavole di marea potrà darci un’idea del meccanismo di spostamento delle correnti e dei diversi orari in cui esse si manifestano lungo costa, presso le singole località del canale. Le tavole ci forniscono inoltre le velocità in nodi di montante e scendente e gli orari in cui la corrente raggiunge la massima velocità.
Molto interessante è inoltre l’indicazione della cosiddetta ora di stanca, momento in cui, per il “cambio della guardia” tra i due flussi, si assiste a un breve periodo di relativa calma, più o meno lungo in base alle fasi lunari.
Ma leggere le tavole, e i calcoli importanti su di esse indicati, non deve trarci in inganno: le tavole vanno interpretate ed usate nel modo migliore; solo l’esperienza pratica, unita a tale lettura, potrà fornirci una valida mano d’aiuto nell’affrontare le profondità dello Stretto, una palestra unica per ogni tipologia di subacqueo, dal neofita al più esperto. Sappiamo che le correnti di marea sono legate alla luna e alle sue fasi. In base alle leggi dettate dalla luna e grazie al potere della sua attrazione gravitazionale, avremo ogni giorno quattro flussi diversi della durata di sei ore ciascuno, alternati a quattro momenti di stanca della durata teorica di circa 13 minuti.
Sempre osservando la luna e studiando le tavole avremo poi modo di vedere che la massima intensità delle correnti si manifesta con novilunio e plenilunio, quando cioè si ha la massima attrazione gravitazionale. Ovviamente, durante le quadrature (cioè al primo quarto e all’ultimo quarto di luna), le correnti si manifesteranno con la minima intensità. Questo è il momento migliore per immergersi, approfittando di una pausa tra due flussi di corrente già indeboliti dalla scarsa forza di una luna in quadratura. Ricordiamoci sempre che la contemporanea presenza, in alcuni momenti del giorno, di due correnti opposte è uno dei principali elementi che rende lo Stretto di difficile interpretazione, specie per coloro che praticano attività subacquea. Dato che l’inizio di un flusso, come abbiamo accennato, non avviene contemporaneamente in ogni punto dello Stretto, ma ha inizio nella zona di confine tra i due bacini, posta di fronte a Capo Peloro, e raggiunge più tardi le altre aree del bacino, nel momento in cui al centro dello Stretto ha inizio la montante, all’estremità Sud è ancora presente la scendente, e viceversa. Da ciò si evince che gli orari previsti dalle tavole di marea non vanno presi alla lettera, come dati assoluti, ma vanno riconsiderati in base alla distanza dei vari punti dalla zona di confine tra i due bacini.
Una guida subacquea locale, abituata ad usare le tavole di marea unendo alla lettura l’esperienza pratica, sarà d’obbligo per quei subacquei che vogliano affrontare in relativa sicurezza le immersioni in queste acque. Da non sottovalutare, inoltre, il fatto che gli orari in cui le correnti si alternano, e la loro durata, sono fortemente influenzati – alcune volte stravolti – da diversi agenti atmosferici, tra i quali il vento di scirocco è sicuramente degno di una menzione speciale: pensate che in alcuni casi la scendente ritarda il suo arrivo frenata dalla forza del vento da sud; non dimentichiamo inoltre che i fattori che incidono sui movimenti delle grandi masse d’acqua possono cambiare le carte in tavole a sorpresa e senza preavviso.
Comments (3)
Jean Claude Crotti
9 Maggio 2016 - 18:40Cosa altro scrivere : INCANTEVOLEVTUTTA LA DESCRIZIONE A TRATTI POETICA , meraviglioso l’amore che hai per il.TUO MARE E LA TUA TERRA . / Rispetto e gratitudine
Gianni Neto
9 Maggio 2016 - 23:31Grande Francesco, ottima descrizione di un luogo unico al mondo che solo chi lo ha potuto “vivere” lo porterà sempre nel cuore.
Jean Crotti
11 Febbraio 2017 - 18:12Ecco dopo anni la spiegazione delle correnti dello Stretto : ” montante e scendente ” bello leggerti , chiare le spiegazioni …ho letto e imparato a capire le correnti Maldiviane …anche laggiu valgono le stesse regole tra le maree , le varie fasi lunari , le tavole delle maree che io leggo attraverso diagrammi a sinusoide
Grazie grande Maestro Francesco e grazie per aver segnalato in neretto ( senza imporlo ) che i subacquei devono avere una guida per immergersi nellecacque dello Stretto …Ogni ditsttica subacquea insegnaved educaca ad imparare e capire che una immersione finisce ( se tutto nella norma ) quando si torna in barca o a terra …
Rispetto e gratitudine Francesco Turano